La svastica buona


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Riabilitare la svastica significa sputare in faccia ai 70 milioni di morti, tra civili e militari, della Seconda Guerra Mondiale.

C’è qualcuno che, però, crede il contrario e prova da quattro anni ad organizzare manifestazioni in tutto il mondo per chiedere che questo simbolo ritorni ad avere quel significato di sacralità e buon auspicio che gli era riconosciuto nei tempi antichi. È la Giornata Mondiale per la Riabilitazione della Svastica, organizzata dal Movimento Raeliano in contemporanea in tutto il mondo e che quest’anno si è tenuta il 20 luglio. A Milano il gazebo dei seguaci di Rael, mitologico profeta che porta l’annuncio che l’umanità è stata creata da entità aliene chiamate Elohim, non ha catalizzato propriamente l’attenzione dei passanti, ma in altre città, da Toronto a Los angeles, dall’India all’Africa, aerei hanno sorvolato il centro cittadino portando uno striscione pro-svastica e la partecipazione, seppur tra le polemiche, è stata maggiore.

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Il senso dell’iniziativa è chiaro: cancellare la parentesi nazista durante la quale di questo emblema è stato fatto un uso “criminale”, secondo le parole del responsabile italiano del movimento Marco Franceschini, e riportarne in auge il senso originario. La svastica, dal sanscrito “ciò che è bene”, è uno dei simboli più antichi e diffusi nelle culture e credi religiosi di tutto il mondo. Lo si ritrova in Estremo Oriente a cavallo tra Cina e India o nelle praterie dei pellerossa Navajo, è parte fondamentale della filosofia buddhista, ma anche di quelle induista e gianista e sono state rivenute collane risalenti al periodo Paleolitico con ornamenti di forma simile. Lo stesso popolo ebraico, che tanto avrebbe imparato ad odiarla negli anni ’30 e ’40, ne annoverava una propria versione nella simbologia religiosa e non è infrequente trovarne di scolpite sui frontoni delle chiese cristiane.

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La svastica rimandava a pace, armonia, sole e fortuna. Almeno finchè Adolf Hitler, su consiglio di alcuni teorici dell’ariosofia, decise di inclinarla di 45° gradi verso destra e inserirla dentro ad un cerchio bianco, creando in questo modo una delle bandiere più tristemente note di tutti i tempi.

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È giusto ricordare a tutti cosa rappresenta in realtà quel simbolo?

Il riflesso incondizionato dell’anti-fascismo e nazismo porterebbe ad urlare “NO!” a pieni polmoni. Troppi grandi le atrocità commesse sotto quel vessillo per poterne giustificare un riutilizzo nella società moderna. Troppi pochi anni sono passati dai campi di concentramento, dalle trincee bombardate e dalla sprezzante idea di superiorità genetica dell’allora classe dirigente tedesca.
Quelle immagini sono più potenti delle buone intenzioni dei raeliani e, purtroppo, l’appropriamento culturale commesso dai nazisti la lega indissolubilmente a quel periodo, facendo dello stesso simbolo una vittima di atti compiuti dagli uomini.

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Nemmeno per idea, potrebbe rispondere qualche storico con una mente più razionale.
Un ventennio buio non cancella con un colpo di spugna più di 5.000 anni di storia. Se così fosse bisognerebbe fare lo stesso discorso per falce e martello, le piramidi (costruite grazie alla schiavitù) o i fasci littori che ancora adornano numerosi edifici pubblici italiani. Chi sostiene la bontà della svastica, nonostante la poco felice associazione con Hitler&Co., non accetta di veder criminalizzato un simbolo utilizzato per millenni da uomini e donne con uno scopo diametralmente opposto, quello di augurare buona fortuna e pace.

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La verità, come spesso accade, probabilmente sta nel mezzo.
Quello della svastica è un problema esclusivamente europeo. Il nazismo ha solo sfiorato l’Asia e l’Africa da un punto di vista di simbologie e l’opinione pubblica di quei luoghi non ha mai veramente cambiato la propria idea in merito e non ha dunque bisogno di manifestazioni a sostegno del suo carattere positivo e solare. Negli ultimi anni, quella che fu la croce uncinata è stata utilizzata sempre più spesso per motivi religiosi, o come illustrazione nei fumetti giapponesi.
Il problema ce l’abbiamo noi e, in misura minore, gli americani.

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Film, libri di scuola, visite ai luoghi storici non ci permettono di dimenticare e l’argomento è un nervo scoperto pronto a far male al primo riferimento incauto. In Germania è vietato esporla dal ’45 e, nonostante possa essere lodevole ricordare e magari insegnare ciò che di buono la svastica ha rappresentato nella storia dell’umanità, né ora, né (probabilmente) mai, i figli, i nipoti e i discendenti di coloro che vissero in prima persona quel periodo potranno pensare ad essa in maniera diversa dal segno tangibile dell’abisso morale in fondo al quale può spingersi l’animo degli uomini.

Quella croce greca con i bracci piegati ad angolo retto non sarà mai un invito alla pace, ma resterà tatuata indelebilmente nelle nostre coscienze. Come un numero sul braccio.

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